A Bruxelles si è discusso di “enforcement”

Segnaliamo e riproduciamo a seguito l’articolo che abbiamo pubblicato sul sito web del mensile del gruppo Il Sole 24 Ore “Millecanali”, nell’edizione del 7 maggio 2012. Il titolo originale è “Un seminario sulla proprietà intellettuale a Bruxelles”.

A Bruxelles si è svolto un seminario della Commissione Europea, nell’ambito della nuova direttiva in gestazione sui diritti di proprietà intellettuale: le ragioni degli autori e produttori di contenuti.

http://www.millecanali.it/un-seminario-sulla-proprieta-intellettuale-a-bruxelles/0,1254,57_ART_9869,00.html

Nonostante si trattasse di un evento oggettivamente piuttosto importante anche per la comunità del sistema dei media e dell’Ict del nostro Paese, non ha goduto di nessun interesse da parte della stampa italiana e già questa annotazione potrebbe stimolare una qualche riflessione sui deficit e ritardi nostrani, al di là della grancassa retorica provocata intorno alla “Agenda Digitale” in gestazione in Italia. Si è tenuta il 26 aprile a Bruxelles, in sede comunitaria, una kermesse organizzata dalla Direzione Generale Mercato Interno e Servizi, in associazione con gli uffici della presidenza danese del Consiglio dell’Unione Europea, nell’ambito del processo di revisione della Direttiva n. 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale: si tratta delle procedure appunto finalizzate al cosiddetto “enforcement” per quanto concerne la tutela della proprietà intellettuale. Questa giornata di lavori ha fatto seguito ad un incontro organizzato nel giugno 2011 e ad una consultazione pubblica sull’applicazione della Direttiva 2004/48/CE. La kermesse è stata organizzata per consentire ai numerosi “stakeholder” presenti di fornire input e rimarcare eventuali deficit nell’economia della revisione del documento da parte della Commissione.  Sembra che nessuna decisione verrà presa prima di una novella consultazione pubblica, soprattutto in considerazione dei numerosi problemi insorti con l’Acta: si ricorda che l’Anti-Counterfeiting Trade Agreement è l’accordo commerciale plurilaterale che detta norme più efficaci per contrastare la contraffazione e la pirateria informatica, al fine di tutelare copyright, proprietà intellettuali e brevetti su beni, servizi e attività legati alla rete, siglato a Tokyo nel gennaio 2012, ma il cui recepimento da parte degli Stati membri è oggetto di aspre critiche. Molti tra coloro che avrebbero voluto partecipare sono rimasti esclusi (la sala deputata non aveva gran capienza): in ogni caso, una diretta streaming ha consentito a tutti di assistere all’evento e, volendo, di prendere parte al “forum” veramente “in tempo reale”, inviando commenti o domande in diretta ad una account email ad hoc fornito dalla Commissione stessa. La lunga giornata (sette ore di dibattito) si è articolata in due sessioni: la prima dedicata alle sfide che gli autori e le piccole e medie imprese sono chiamati ad affrontare in tema di “enforcement” e la seconda relativa alle problematiche del “nuovo” contesto digitale. Nonostante il generale apprezzamento sui lavori in corso, numerosi sono stati gli input forniti dai rappresentanti di differenti associazioni presenti (dall’Ifpi all’Etno alla Fia…) per un miglioramento della Direttiva. I temi più ricorrenti sono stati: necessità di potenziare le misure volte a prevenire e contrastare la pirateria e la contraffazione; facilitare l’accesso e abbreviare tempi e costi delle controversie in sede giudiziaria; promuovere azioni di comunicazione e sensibilizzazione, al fine di diffondere conoscenza dei diritti di proprietà intellettuale; sfruttare al meglio le potenzialità offerte dalla rete, limitando al massimo i rischi di distribuzione illegale, ma stimolando nuovi modelli di business. Dominick Luquer, Segretario Generale della Fia (la Federazione Internazionale degli Attori), che ha preso la parola più volte nel corso della giornata, ha rimarcato come i lavoratori del settore audiovisivo non si trovino ad operare come le “industrie di Hollywood”, ma molto spesso lavorino invece all’interno di piccole-medie imprese, che debbono sostenere investimenti enormi per produrre un contenuto audiovisivo. Se questo prodotto viene piratato, e quindi l’impresa non solo non riesce a trarre un beneficio economico ma neppure ad avere un ritorno dell’investimento fatto (cioè non solo non produce utili, ma nemmeno recupera i costi di produzione), andrà certamente incontro al fallimento. In molti hanno poi concordato sulla opportunità di una revisione della Direttiva del 2004 (sono trascorsi… secoli da allora, e non solo per quanto prevede la legge di Moore…), ma soltanto nella misura in cui questa vada nella direzione di un rafforzamento dei livelli di tutela e non verso un loro progressivo allentamento. Un altro problema emerso, messo in luce anche dal Direttore dell’associazione europea degli “internet service provider” EuroIspa, l’italiano Innocenzo Genna (che anni fa è stato – tra  l’altro – responsabile degli affari legali e regolamentari di Tiscali), è il costo delle controversie legali su queste materie. Il costo della procedura va pagato dal detentore dei diritti, il quale dovrebbe recuperare queste somme dai violatori. Il problema, nell’epoca digitale, risiede nella enorme difficoltà di risalire – spesso – alla “fonte” della violazione. Tanto più che nei 27 Paesi dell’UE, la Direttiva viene applicata in maniera differente in ogni Stato membro ed è quindi ancor più arduo il controllo e la condivisione dei dati. Un’altra tematica sollevata è il calcolo dei danni arrecati / subiti (si è sottolineato quanto sia difficile raggiungere stime attendibili) e la valutazione dell’arricchimento dei violatori. Jesper Kongstad, Direttore generale dell’Ufficio Brevetti danese, ha proposto di promuovere una maggiore conoscenza internazionale delle decisioni adottate dalle autorità dei singoli Paesi: questa maggiore circolazione di informazioni potrebbe fungere da possibile deterrente per i violatori. Ribadita da più parti l’importanza delle politiche di informazione e sensibilizzazione verso le tematiche della proprietà intellettuale nei diversi contesti. Questa tematica non viene affrontata in nessun punto della Direttiva, mentre dovrebbero essere introdotti degli obblighi in materia per tutti gli Stati membri dell’Unione. Grande è apparsa la soddisfazione nei confronti delle attività dell’Osservatorio Europeo sulla Contraffazione e la Pirateria, istituito nel 2009, che deve porsi sia come fonte affidabile di dati ed elaborazioni sia come vero e proprio “forum” per i diversi “stakeholder”. Molti operatori auspicano un rafforzamento delle attività dell’Osservatorio, e si ricorda che a fine marzo 2012 il Parlamento Europeo ed il Consiglio hanno approvato una proposta della Commissione che mira a coordinare l’Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (Uami) ed appunto l’Osservatorio Europeo sulla Contraffazione e la Pirateria. La nuova struttura dovrebbe chiamarsi “Osservatorio Europeo sulle Violazioni dei Diritti di Proprietà Intellettuale”. Johannes Studinger, Direttore della Uni Global Union (entità che raggruppa 900 unioni di rappresentanza dei lavoratori del settore servizi), dopo aver ribadito i grandi rischi che una “pmi” si assume nel momento in cui decide di dar vita ad un “prodotto creativo”, e quindi la necessità di maggiori certezze verso il “ritorno” economico dell’investimento, ha concluso che la Direttiva “Enforcement” appare valida ed equilibrata, ma che probabilmente noi tutti non siamo ancora sufficientemente attrezzati per affrontare le enormi sfide dell’era digitale. È stata oggetto di discussione anche una provocatoria proposta emersa nell’ambito dell’Etno, l’associazione europea degli operatori del settore telecomunicazioni: la potente lobby, dopo aver criticato le misure contro la contraffazione, che “non essendo molto mirate, rischiano di creare più danni che benefici”, propone una sorta di sistema di “licenze collettive globali obbligatorie”, sulla base delle quali ogni cittadino dovrebbe versare, come tassa, il corrispettivo di circa 1,5 euro al mese per fruire dei contenuti legali “online” protetti da copyright…Questo sistema, secondo Etno, consentirebbe dei ricavi oggi inimmaginabili, e comunque molto superiori a quelli attuali e farebbe diminuire vistosamente l’appeal dell’offerta illegale. In linea teorica, l’associazione internazionale dell’industria fonografica Ifpi sarebbe d’accordo: il settore musicale, infatti, che già propone molta offerta legale online, va assolutamente protetto rispetto all’offerta illegale che rischia di distruggerlo.   Altra questione dolente è la velocità delle procedure: se, per ottenere un risultato, è necessario un tempo troppo lungo, la variabile temporale vanifica la repressione. Le procedure di repressione dei reati e delle pratiche illegali dovrebbero essere uniformate a livello europeo, armonizzando norme e regolamenti e prassi dei singoli Stati membri. Al termine del “forum di discussione”, Antonio Campinos, Presidente dell’Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (Ohim), ha ribadito il ruolo-chiave che l’Osservatorio Europeo sulla Contraffazione e la Pirateria è chiamato a svolgere nell’azione di contrasto alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, annunciando una consultazione pubblica per l’elaborazione del programma di lavoro dell’Osservatorio che sarà approvato a settembre. Nel programma, molta importanza verrà assegnata al coinvolgimento di “stakeholder” pubblici e privati ed alla creazione di gruppi di lavoro che dovranno seguire i diversi progetti dell’Osservatorio. Gli unici due esponenti che sono intervenuti in qualche modo in rappresentanza del nostro Paese sono stati il Presidente della Fimi Enzo Mazza ed il parlamentare diessino Vincenzo Vita. Il secondo, in un breve intervento, si è limitato a richiamare che le ragioni degli autori e produttori di contenuto vanno comprese all’interno di una esigenza sviluppo liberale e democratico della rete. Enzo Mazza ha sollevato una questione importante e rimossa dai più. È stato risoluto nel non voler parlare della grandi case fonografiche (che pure rappresenta), ma dei loro “partner” italiani: “Abbiamo ascoltato molte cose in tema di enforcement, in tema di protezione del diritto d’autore: molti sono stati gli stakeholder che qui hanno preso la parola, ma nessuno ha parlato dei nostri partner”. I “partner” cui si riferisce Mazza sono le piccole “start-up”, lanciate da giovani europei, interessate ad investire ed impiegare energie nel settore. Si tratta di veri “eroi”, ha sostenuto Mazza. La critica di Mazza è basata sull’osservazione che si sente parlare unicamente di iTunes e di Netflix, ma in realtà esistono anche molti altri interlocutori che pagano diritti, creano licenze per il settore video e che poi vedono dissipare i loro sforzi a causa di Kim Dotcom o chi per lui… “Non è un problema soltanto di enforcement – ha sostenuto il Presidente della Fimi – ma si tratta di aiutare questi giovani, coraggiosi imprenditori, a diffondere legalmente i contenuti. Nessuno però sembra mostrare alcun interesse nei loro confronti; la domanda è: cosa fa l’Agcom, cosa fa lo Stato italiano per proteggerci?”.

Elena D’Alessandri (Responsabile di Ricerca IsICult)

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva ) 7 maggio 2012

2 thoughts on “A Bruxelles si è discusso di “enforcement”

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