Sequestri di siti internet illegali: l’amministrazione Usa recordman indiscusso

In una intervista al popolare magazine “Wired” (http://www.wired.com/threatlevel/2012/03/feds-seize-foreign-sites/), il portavoce dell’Ice (il dipartimento per immigrazione e dogana degli Usa), Nicole Navas, ammette che l’amministrazione Obama avrebbe già complessivamente ottenuto, negli scorsi anni, il sequestro di almeno 750 nomi a dominio internet, impedendo dunque l’accesso alle relative pagine.
La metodologia, messa a punto con perizia dal Dipartimento di Stato americano, è per verità molto semplice: tramite una complessa ragnatela burocratica, nel 1999 la società Network Solutions si assicurò la gestione di nomi a dominio “chiave” (in buona sostanza, della maggior parte dei nomi a dominio che finiscono in “.com” o “.ne”t). Nel 2000, Network Solutions è stata acquisita dalla società VeriSign, società di validazione e certificazione tra le più rinomate del web, con base negli States, già attiva in proprio come “registrar” di domini globali, la quale si è così ritrovata tra le mani il quasi-monopolio sui “.com” e “.net”, e che subaffitta tali domini a compagnie “registrar” in tutto in globo.
Questa architettura di rapporti fa sì che, per ottenere il sequestro (ma anche semplicemente l’oscuramento) di un sito internet con nome a dominio “.com”, sia esso legale o no, il Dipartimento di Stato non debba far altro, nel 90 % dei casi, che presentare motivata richiesta alla VeriSign, a prescindere, dunque, se il dominio sia stato registrato direttamente o tramite uno dei suoi partners licenziatari internazionali, e scavalcando dunque tutte le tradizionali barriere doganali in tal senso.
L’operazione sarebbe così semplice e di così immediato effetto da raggiungere numeri record, durante l’amministrazione Obama: ciò spiega perchè molti dei siti web più rinomati per le loro attività “non ortodosse”, quali il celebre ThePirateBay, abbiano progressivamente abbandonato il suffisso “.com”, optando per “registrar” diversi e non collegati a VeriSign.

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – G. ) 16 marzo 2012

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