Le “rassegne stampa” vampirizzate: in Francia, siglato accordo “storico” tra Google e l’Eliseo

La “tassa Google” è morta prima di nascere, grazie… alle potenti capacità di lobbying di Google?!

Dopo oltre due mesi di trattative e allo scadere del tempo massimo previsto per trovare un’intesa, l’Eliseo ha diffuso la notizia di aver raggiunto un accordo con il gigante di Mountain View, nella vicenda che contrappone gli editori della “carta stampata” (ma in generale i produttori di contenuti di qualità) ed i “nuovi aggregatori” (alias Google e YouTube), anche in relazione alla utilizzazione delle rassegne stampe ed alla indicizzazione delle news.

Nelle settimane scorse, era stata in trattativa una intesa che avrebbe dovuto determinare un flusso garantito, nell’ordine di 50/100 milioni di euro l’anno, da parte di Google, a favore della stampa quotidiana e periodica francese, per consentire l’indicizzazione dei titoli. Era stata anche ipotizzata una quota percentuale fissa dei ricavi pubblicitari di Google in Francia, stimati tra 1,2 ed 1,4 miliardi di euro: un 100 milioni l’anno avrebbero rappresentato meno del 10 % del business francese della multinazionale statunitense.

Questa trattativa sembra essere stata superata da un nuovo e diverso accordo, che sposta su un altro piano la querelle, e propone una soluzione “una tantum”, non stabile come invece auspicavano gli editori.

In base al nuovo accordo, il colosso della rete pagherà 60 milioni di euro (82 milioni di dollari Usa) agli editori francesi per “contribuire alla transizione al digitale dell’editoria cartacea”: più esattamente, questa somma verrà messa a disposizione da Google per alimentare un “fondo dedicato” destinato a selezionare “iniziative promettenti che stimolino l’emersione di nuovi contenuti online”, ma anche per aiutare gli editori a monetizzare meglio i contenuti digitali attraverso strumenti commerciali del motore di ricerca come AdSense, AdMob e AdExchange.

Con questo accordo, inoltre Google diventa  partner privilegiato degli editori nel passaggio al digitale, fornendo loro strumenti tecnici e competenze soprattutto nel settore della raccolta pubblicitaria.

L’accordo consente a Google di evitare un intervento normativo, almeno per ora, anche se non sembra risolvere la querelle sull’indicizzazione.

Più concretamente, nell’arco di 5 anni, “Big G” stanzierà 60 milioni di euro, per un fondo (in inglese, definito “digital publishing innovation fund”), che sarà gestito da una triade, di cui faranno parte Carlo D’Asaro Biondo (Google, Presidente Semea), Nathalie Collin (Direttrice del “Nouvel Observateur” e Presidente dell’lpg ovvero l’Association de la Presse d’Information Politique et Générale) e Marc Schwarz (il famoso “mediatore”, già Presidente di France Télévisions, designato da Hollande a fine novembre 2012 proprio al fine di raggiungere un accordo tra le parti).

Grande sembra l’entusiasmo generale.

L’accordo viene definito addirittura “storico” e “rivoluzionario”: il Presidente Hollande, in conferenza stampa il 1° febbraio, ha sostenuto “Il s’est produit aujourd’hui un événement mondial” (testuale: “mondiale”) nella storia dei media. Ovviamente – ha aggiunto – “nell’interesse del popolo francese”.

Certo, 60 milioni di euro non sono pochi, ma certamente neppure una cifra stellare, per un colosso che nel 2012 ha superato la soglia dei 50 miliardi di dollari Usa di fatturato planetario e ben 11 miliardi di dollari di utile netto. Abbiamo già ricordato che il fatturato Google in Francia viene peraltro stimato tra 1,2 ed 1,4 miliardi di euro l’anno. Anche se la filiale francese del gruppo non dichiara più di 150 milioni di euro di fatturato in Francia…

Quel che appare più curioso è – in verità – che, sulla base di questa partnership, Google di fatto offrirà consulenza agli editori e fornirà loro suggerimenti su come ottenere proventi pubblicitari, cercando di ridurre le perdite nella transizione all’online. In altri termini, Google mette sul piatto 60 milioni di euro per… finanziare la “riconversione” dell’editoria su carta, al fine di far divenire questi editori clienti dei propri servizi a pagamento! È una sorta di investimento strategico, dal punto di vista di Mountain View.

Il Ministro dell’Economia Digitale, Fleur Pellerin, ha dichiarato che la somma concordata è “molto soddisfacente. Non è una pura sovvenzione. È un aiuto alla trasformazione in modo che gli editori della stampa possano modernizzare i loro modelli economici”.

Il testo dell’accordo non è stato reso pubblico, e ciò ha provocato già prevedibili polemiche sulla gestione dell’istituendo fondo: in particolare, lo Spiil, Syndicat de la Presse Indépendante d’Information en Ligne, evidenzia come si tratti di un’intesa rilevante, perché 60 milioni di euro corrispondono al sostegno dello Stato francese per l’editoria giornalistica elettronica nell’arco di tre anni (ovvero a 6 volte l’aiuto accordato nel 2012).

Ma la domanda che sorge spontanea è: cosa accadrà tra 3 anni, visto che l’accordo prevede comunque una scadenza? E cosa accadrà – nel mentre – per le rassegne stampa e per l’indicizzazione delle news?!

Certo è che si tratta di un segnale di disponibilità di Google, ma lo scenario generale dell’accordo suscita ancora molte perplessità.

Secondo una lettura maligna, il “conquistatore” Google potrebbe aver comprato la benevolenza dell’“indigeno” Francia con qualche specchietto… due spiccioli, insomma, per evitare una legge!

Cosa accadrà negli altri Paesi, che comunque avevano condiviso con la Francia la battaglia per la remunerazione dei contenuti sfruttati in rete? Ed in Italia, in particolare?!

Si ricorda che a fine ottobre 2012, la gli editori italiani, francesi e tedeschi (Fieg, Ipg, Bdzv e Vdz) avevano deciso di fare fronte comune per “la tutela del diritto d’autore ai tempi del web”. Il Presidente della Fieg Giulio Anselmi ed il Direttore Generale Fabrizio Carotti hanno sostenuto con decisione che una “rete libera” non può tradursi meccanicamente in “gratuità totale” dei contenuti, ed hanno rivendicato l’esigenza di una legge a tutela dei contenuti. La Fieg ha proposto che una percentuale dei ricavi pubblicitari di Google in Italia vada agli editori, consentendo così ai nuovi aggregatori di indicizzare i prodotti editoriali online. Per la Federazione Italiana Autori Editori, si tratterebbe di riprodurre un accordo analogo a quello che è stato siglato per la tutela delle rassegne stampa cartacee, che garantisce le royalties agli editori (una sorta di “equo compenso”) dai soggetti che realizzano le rassegne stampa: una quota del 4 % dei ricavi delle aziende fornitrici delle rassegne stampa va collettivamente agli editori (cioè alla Fieg), che si spartiscono i proventi in base agli articoli pubblicati nelle rassegne stampa. La Fieg ha promosso una srl che fa capo alla Federazione, Promopress, e la “quota” percentuale è partita dal 2 % del 2012 per arrivare all’8 % nel 2015. Non tutte le società specializzate nella produzione di rassegne stampa hanno però aderito al progetto Fieg. Si segnala che si tratta di un settore che darebbe lavoro a circa 600 persone, per un fatturato complessivo di ben 40 milioni di euro l’anno. Soltanto la storica L’Eco della Stampa fattura ogni anno oltre 20 milioni di euro, ed impiega oltre 200 dipendenti. Data Stampa, fondata nel 1981, effettua il monitoraggio di 1.570 testate.

L’obiettivo delle associazioni dei tre Paesi era l’inserimento nei quadri normativi nazionali di una disciplina che definisse “un sistema di diritti di proprietà intellettuale idoneo a incoraggiare su internet forme di cooperazione virtuosa tra i titolari di diritti sui contenuti editoriali e gli operatori dell’industria digitale (in primo luogo, i motori di ricerca)”.

E proprio di oggi, 4 febbraio 2013, la laconica notizia apparsa sul sito web del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che qui riportiamo: “La Rassegna Stampa, a seguito di specifica richiesta, avanzata dalla Fieg – Federazione Italiana Editori Giornali, sul tema della tutela del diritto d’autore, con particolare riferimento alle attività di utilizzazione e diffusione delle rassegne stampa, dal 1° febbraio 2013 non è più accessibile dall’esterno. Per i dipendenti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il servizio è disponibile sulla rete Intranet”. Si ricorda che nel dicembre 2012, Fieg ottenne che non sarebbero state più accessibili dall’esterno le rassegne stampa della Camera e del Senato: questo blocco dell’accesso doveva avvenire dal gennaio 2013, ma è stato poi rimandato a fine legislatura, ed in effetti la rassegna stampa dei due rami del Parlamento è ancora oggi liberamente consultabile. Il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, aveva preso posizione a favore del mantenimento della libera fruizione della rassegna stampa, ma poi ha prevalso la considerazione che il Parlamento non può non tener conto delle leggi in vigore nel proprio paese. Gli oppositori hanno bollato queste iniziative della Fieg come “oscurantiste”.

Si ricorda infine che in Germania è ancora in gestazione una proposta di legge (denominata “Leistungsschutzrecht für Presseverleger”) avviata il 29 agosto, che prevede che Google sia obbligata ad una sorta di tassa sui propri ricavi, da destinare giustappunto agli editori. Nel novembre 2012, Google ha reagito lanciando una campagna informativa di contestazione dell’iniziativa legislativa, con lo slogan “Defend Your Net”, per osteggiare l’iter del provvedimento, che è ancora in discussione al Bundestag (come è noto, il Partito dei Pirati è ovviamente il maggiore oppositore).

In Italia, si attende ancora di comprendere cosa intenda fare l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in relazione alla controversa gestazione della delibera in materia di diritto d’autore online. E nel mentre il nostro Paese veleggia nei picchi delle statistiche mondiali sulla pirateria, e permane ben classificata nella “black list” del Governo Usa. E non sembra che su queste tematiche qualcuno tra gli aspiranti premier abbia mostrato sensibilità di sorta.

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – E.) 4 febbraio 2013

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